Sulle principali operazioni militari della Grande Guerra sono già stati pubblicati moltissimi studi e trattati, sempre più approfonditi e pertinenti, soprattutto ora che si è finalmente spenta l’ondata di censuratissima retorica nazionalista ed è stato possibile avere accesso ad archivi e documenti ufficiali, altrimenti sconosciuti.
Assai poco, invece, è stato fino ad oggi scoperto ed analizzato sulla vita e le tragiche vicissitudini della popolazione civile residente nelle zone d’operazioni in prossimità dell’Isonzo o nel saliente Trentino, e del loro esodo coatto all’inizio e durante le fasi successive della Grande Guerra. Basti pensare ad eventi tanto drammatici quando macroscopici quali, la Strafexpedition sugli Altopiani del 1916 e la rotta di Caporetto, nell’ottobre del 1917, per realizzare quanta e quale fu la sciagura che colpì i civili travolti direttamente o indirettamente dal tali frenetici e violenti spostamenti di truppe, materiali e zone di guerra vere e proprie.
Leggendo “Profughi Nella Grande Guerra” I nostri profughi hanno lasciato, è vero, poche memorie scritte, soprattutto a causa dell’elevato grado di analfabetizzazione dell’epoca, e quindi a testimoniare le loro miserie in quei tragici anni sono perlopiù i diari dei sacerdoti che hanno vissuto in prima persona, gli stessi esodi di massa, nonché corso i medesimi rischi mortali.
Silvana Battistello ha pertanto fatto tesoro delle suddette, preziosissime testimonianze, realizzando un breve, ma approfondito e toccante studio che si impone agli occhi della storiografia mondiale per originalità e indiscussa valenza sociale e politica.
Alla Battistello va, inoltre, il merito di aver saputo ricostruire e collegare attraverso un ingegnoso leit-motif, le scarne e spesso quasi anonime registrazioni vergate su diari e manoscritti amministrativi, rintracciati, con non poca fatica, negli archivi comunali e parrocchiali del Veneto. |