“Die Tiroler Kaiserjäger im Weltkriege 1914-1918 - Voll. I - II”, questa era l’intestazione originale dell’opera, un saggio a cura di Ernst Wisshaupt, edito nel 1936 dall’Alt-Kaiserjäger-Klub e stampato dalla casa editrice viennese Franz Göth. Vi si narrava la storia dei Kaiserjäger fino al termine della Grande Guerra. Il I° volume constava di 86 illustrazioni, con una mappa e vari schizzi relativi alle battaglie, analizzando gli eventi bellici c l’inizio delle ostilità fino alla campagna di Russia del 1915. Il 2° volume relazionava sui fatti che videro il reparto dei “KJ” impegnato sul fronte italiano. Pagine cariche di storia, arricchite con dovizia di particolari dalla ricerca di Ernst Wisshaupt, che all’epoca della pubblicazione ricopriva il grado di maggiore, con incarico di “segretario archivista”. Un documento importante, che solo oggi vede la stampa in edizione italiana grazie alla scrupolosa traduzione di Giancarlo Fontana, mosso dal desiderio di conoscere direttamente come gli ex avversari del Regio Esercito ebbero a descrivere e vivere gli eventi della Grande Guerra sui nostri monti. Sua la scelta di elaborare il testo nella sola parte riguardante il settore bellico compreso tra Monte Ciove, Priaforà e Pasubio, poiché su questi luoghi egli ha da anni focalizzato gli studi sul primo conflitto mondiale. Il lavoro di Wisshaupt venne all’epoca definito “di assemblaggio”, giacchè sfruttava le fonti ufficiali relative al reparto in oggetto.
È evidente che il materiale da cui attinse era di primordine, inedito e decisamente affidabile considerato che si trattava in larga misura di informazioni tratte dagli archivi reggimentali. Per il 1° Rgt TKJ rinnovò scrupolosamente il manoscritto del Tenente Rudolf Blaas. Per il 2° svolse ricerche in proprio grazie agli archivi e alla diaristica dei relativi protagonisti, per il 3° Rgt TKJ sfruttò il libro del Generale di Brigata Viktor Schemfil, infine per il 4° Rgt si rifece alle bozze scritte dal colonnello Erich von Preu. Poté inoltre contare sugli scritti del colonnello Oskar Teuber, verosimilmente il Cap Teuber più volte citato nel corso del libro. Se grande fu l’impegno del maggiore austroungarico, encomiabile possiamo definire oggi la traduzione di Fontana, vero cultore degli eventi bellici legati alle “sue montagne”, a quelle cime che da anni egli percorre, rievocando i fatti d’arme che vi si combatterono. La sua passione per le fonti archivistiche ha reso più completa la trasposizione in lingua italiana, offrendo al lettore una cronaca fedele di quanto avvenne tra le trincee a lungo contese durante la cosiddetta “offensiva di primavera”, fino alla firma dell’armistizio e nei campi di prigionia, nella lontana Puglia, dove si infranse l’orgoglio nazionalistico dei “cacciatori del Kaiser”.
Un reparto di fanteria ben degno di rappresentare la tradizione militare austroungarica, dalla manifesta fedeltà all’Imperatore, con effettivi reclutati nei territori del Tirolo e del Vorarlberg. Dal 1° al 4°, i battaglioni Kaiserjäger subirono perdite ingenti su varie zone del fronte, lasciando in ogni settore d’impiego ampi cimiteri colmi di caduti. E questo volume ne racconta le gesta. Il testo tradotto oggi risulta interessante sotto vari aspetti, tra questi spicca ciò che a tutti gli effetti ci appare come una relazione accurata delle strategie messe in campo dallo stato maggiore imperiale per riuscire a superare la barriera naturale di valli e vette, al fine di sfociare nella Pianura Padana. I nomi dei reparti e relativi comandanti, le date delle varie azioni belliche, i luoghi di ammassamento e le direttive sugli attacchi attraggono indubbiamente lo sorico e il ricercatore di fonti, poiché l’nformazione si rinnova se offre il punto di vista di chi all’epoca dei fatti fronteggiava le linee italiane. Ma, tra le pagine che conducono alla pura delucidazione ed elencazione degli accadimenti, c’è anche la cosiddetta visione “dal basso”, cioè dal punto di vista del “piccolo soldato” di truppa, o del comandante di compagnia, introdotti si nell’immenso vortice di un conflitto mondiale, ma relatori, per singoli episodi, di isolati fatti d’arme che ai giorni nostri possiamo solo sfiorare rileggendo a stento le parole sbiadite delle steli scolpite sulle contese montagne. Da segnalare infine che il termine “Strafexpedition” appare forse per la prima volta proprio tra le righe di questo testo, nell’originale in lingua tedesca, laddove l’autore Ernst Wisshaupt introduce ai motivi che generarono il conflitto mondiale; qui si parla di spedizione punitiva verso la Serbia, “meritevole di essere castigata” per l'assassinio dell'erede al trono e della moglie e per la mancata consegna dell'assassino Gavrilo Princip. La definizione ricompare spesso nella letteratura storica italiana, quale luogo comune per definire l’azione da classificarsi più propriamente con “offensiva di maggio”. Diversamente, dunque, non risulta nella storiografia d’oltralpe che si sia classificato il tentativo di sfondamento nella primavera del 1916 come una punizione verso l’ex alleato.
La guerra imperversava ormai da due anni e, per quanto gli estremi del voltafaccia italiano fossero noti a tutti i sudditi dell’imperatore, le motivazioni vanno cercate altrove, più razionalmente verso le ordinarie strategie dei comandi imperiali, tese a sfondare le linee nemiche sulle montagne, creando un nuovo fronte di difesa su creste e dorsali prospicienti la sottostante pianura. Da lì sarebbe stato più agevole pianificare le successive battaglia sul Veneto, ricco di rifornimenti con cui alimentare la macchina bellica operante a centinaia di chilometri dai già provati depositi militari.
Giovanni Dalle Fusine |