La Grande Guerra 1914-1918

 

APPROFONDIMENTI

IL RUOLO DEL SOCIALISMO DURANTE LA GRANDE GUERRA
(di Massimiliano Italiano)

La II Internazionale si era schierata in favore della pace. Il suo appello non aveva però trovato il consenso all'interno dei partiti socialisti dei singoli Stati, che invece avevano votato, nei rispettivi parlamenti, in favore della guerra. Considerando l'Internazionale ormai votata al fallimento, alcuni bolscevichi, convinti di una possibile rinascita della politica socialista internazionale, decisero di riorganizzarsi in Svizzera e in Francia: Lenin, a capo del gruppo socialista più oltranzista, in Svizzera, e Trotzkij, più moderato e nazionalista, a Parigi.

Le due correnti, decise a ricostituire comunque una nuova internazionale, si incontrarono aLeo Dawidowitsch Trotzkij Zimmerwald nei pressi di Berna ( 5 - 8 settembre 1915 ). Con il documento finale si esprimeva una ferma condanna contro la guerra, considerata prodotto dell'imperialismo, che avrebbe portato inevitabilmente alla distruzione della civiltà, e si condannavano esplicitamente tutti quei socialisti che non avevano mantenuto fede all'organizzazione, aderendo all'unione sacra e partecipando alla guerra.

Da quel momento, si annuncia la ripresa della lotta socialista in nome della pace, che doveva essere conclusa “ senza annessioni ne indennità di guerra” e nel rispetto del “diritto dei popoli a decidere di se stessi”. Questa tesi, portata avanti da Trotzkij, venne osteggiata da Lenin, che, pur firmando il documento finale, si organizzava con un suo gruppo di opposizione: la sinistra zimmerwaldiana.

La guerra parallela secondo Lenin
(di Massimiliano Italiano)

La strategia rivoluzionaria teorizzata da Lenin si basa sul concetto di guerra interna, travolgendo, perciò, ogni aspetto tradizionale della dottrina militare classica. Il programma leninista si pone sostanzialmente su tre fasi distinte: la preparazione dell'ambiente; la preparazione della rivoluzione; la sommossa generale. Secondo Lenin, per lo svolgimento della prima fase è necessario conquistare la fiducia delle masse e suscitare il malcontento, in modo da alimentare il fuoco rivoluzionario; in un secondo momento, un corpo speciale di agitatori organizzerà la rivoluzione: infiltrazione, spionaggio,corruzione di funzionari, organizzazione del terrorismo. I comitati di partito, al contempo, avrebbero provveduto ad arruolare e ad armare gli uomini necessari al movimento rivoluzionario (gruppi speciali da combattimento). Solo nell'ultimo atto e al momento propizio, si deve dar vita alla rivoluzione vera e propria, che deve essere necessariamente di massa.

Nikolaj LeninL'azione insurrezionale - continua Lenin- deve avere come priorità la paralisi dello Stato, non intesa sotto l'aspetto burocratico ma dal punto di vista funzionale: centrali, ferrovie, comunicazioni ecc. Tali compiti devono essere affidati a dei commandos armati. Una volta conquistato il potere, il governo rivoluzionario,  organizzato nelle sue funzioni già da prima della sommossa, può finalmente assumere le vesti di governo autoritario, affiancato dall'esercito nazionale. La strategia leninista, teorizzata nei libri Lo Stato e la rivoluzione e nella Tedratska, scritti dallo stesso Lenin ( Vladimir ll'ic Ul'janov ), presuppone, quindi, che, a secondo delle circostanze, per l'attuazione della rivoluzione possono essere utili sia la pace sia la guerra.

In certi casi, cioè, anche la pace può favorire la preparazione della lotta rivoluzionaria, permettendo l'organizzazione e la preparazione del futuro impianto comunista. Non è un caso, perciò, che proprio nel 1917, il governo bolscevico chiese la pace alla Germania, ritenendo, in quel momento, più urgenti e necessari il consolidamento del potere interno, l'organizzazione della propaganda e il rafforzamento dell'economia, in modo da poter esportare la rivoluzione in un secondo momento. Gli strumenti per la lotta al capitalismo saranno di lì a poco pronti ad agire: l'armata rossa e la terza internazionale.   

La rivoluzione russa
(di Massimiliano Italiano)

I primi disordini rivoluzionari ebbero un carattere spontaneo, più che altro si trattò di semplici assembramenti di protesta contro la fame. Nel 1917, l'inverno russo era stato particolarmente rigido. La neve e il freddo avevano reso difficili i rifornimenti in città. Le riserve di farina erano quasi esaurite e non c'era più pane sufficiente in commercio. Anche il carbone per la produzione industriale era ormai poco e le fabbriche furono costrette a fermare i propri impianti e a licenziare gli operai. Così, l'8 di marzo venne organizzata una grande manifestazione di protesta contro la disoccupazione. Il giorno seguente iniziarono gli scontri con la polizia. L'evento fu interpretato dagli scioperanti come un tentativo reazionario da parte del governo, e così la protesta acquisì connotati più propriamente politici. Si metteva ora sotto accusa non solo l'amministrazione pubblica, che  non aveva saputo gestire il problema degli approvvigionamenti, ma anche l'inerzia del Governo Regio. I capi dell'opposizione borghese cercarono di prendere in mano la situazione chiedendo la formazione di un governo parlamentare e limitando i poteri dello Zar. Questi, non solo rifiutò la proposta di compromesso, ma rispose con lo scioglimento della Duma, mettendosi contro anche la borghesia.

Nicola II poteva ora contare solo sull'esercito. Ma la defezione della guarnizione di PietrogradoManifestanti russi davanti al palazzo dello Zar, 1917 infranse anche le speranze dei più conservatori, e il governo si considerò dimissionario (12 marzo ). Mentre lo Zar era al Gran Quartier generale a Mohilev, si costituiva così un nuovo governo provvisorio, 14 marzo ) sulla base di un accordo raggiunto tra il comitato provvisorio della Duma e il comitato esecutivo socialista, che si contendevano la spartizione del potere. Il punto di maggior attrito era la conservazione del Regno: il Comitato socialista chiedeva l'immediata fine del sistema monarchico; il Comitato della duma solo una limitazione dei poteri dello Zar.

Il 15 marzo del 1917, al quartier generale di Pskov, sul fronte Nord, lo Zar ricevette due delegati della Duma che domandarono la sua abdicazione. Lo Stato Maggiore Russo respinse ogni possibilità di marciare su Pietrogrado, consigliando lo Zar, per salvaguardare l'unità nazionale, di accettare le condizioni. Il rifiuto del granduca Michele, fratello dello Zar, di ricevere la corona offertagli da Nicola per salvare il regno, fece naufragare ogni ulteriore speranza per il casato. Il 17 marzo, di fatto, la Russia era una repubblica.  

Le reazioni internazionali
(di Massimiliano Italiano)

Inizialmente, i governi alleati videro di buon occhio la deposizione dello Zar, pensando che il rinnovato consenso interno potesse portare beneficio alla condotta della guerra. Nel nuovo Governo repubblicano era pure presente Miljukov, agli Affari Esteri, ritenuto un grande patriota dall'opinione pubblica internazionale. Il 17 marzo, appena insediatosi al Governo, dichiarava il suo pieno appoggio al proseguo della guerra al fianco dei governi alleati e di “far rispettare inderogabilmente gli obblighi internazionali contratti dal regime deposto”.

Manifesto propagandistico rivoluzionarioAppena qualche giorno più tardi, il 24, il Soviet di Pietrogrado votò una mozione in favore delle trattative di pace, abbandonando ogni velleità territoriale in favore della Russia. La posizione del Soviet si poneva in contrasto con Miljukov, figura chiave per i rapporti con l'estero. I bolscevichi decisero di esercitare una forte pressione sul Governo sfruttando il consenso delle masse. La popolazione operaia seguiva di fatto tutte le direttive dei Soviet e i contadini speravano che la pace portasse al più presto ad una riforma fondiaria. Quel consenso patriottico sperato dai Governi alleati per una continuazione della guerra da parte della Russia non aveva alcuna base di realtà.

Il 16 aprile era giunto a Pietrogrado Lenin e lo aveva fatto portando un messaggio di pace. Il suo rientro era stato favorito dagli stessi tedeschi, che, alla notizia del loro ambasciatore a Berna sulla volontà del leader socialista di rientrare in Russia, si erano prodigati nel concedergli il lasciapassare per attraversare il fronte.

Il Governo russo aveva da temere da una eventuale popolazione popolare anche perchè al ministero della Giustizia siedeva Kerensky, molto vicino alle posizioni socialiste, e che certo non avrebbe appoggiato una eventuale presa di posizione reazionaria del ministro Miljukov. Così, quando il 4 di maggio scoppiarono i nuovi disordini, questi venne esautorato. Il nuovo Governo, formatosi di lì a poco, dichiarerà la sua disponibilità alle trattative di pace con la Germania.

Ulteriori Approfondimenti:

Da Caporetto a Perm
Un modo diverso di accostarsi agli avvenimenti di Caporetto,
in base alle idee della nuova storiografia russa

 

 

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