La Grande Guerra 1914-1918

 

 

Profughi dall’altopiano di Asiago durante la Grande Guerra

Testimonianze dell’esodo nei ricordi degli altopianesi

Maria Natalina FrigoIn alcuni ricerche storiche sul profugato dai centri altopianesi si parla di poco più di 22 mila persone sfollate dalle proprie case, fuggiti in fretta e furia con i primi scoppi delle granate austroungariche. Stando alle elaborazioni dei dati relativi ai censimenti effettuati dall’ISTAT (Istituto nazionale di statistica), nel 1911 sui Sette Comuni risultano residenti 30.497 persone. Considerato che tutto il territorio della montagna vicentina fu evacuato, l’esodo si presenta ben più tragico. A livello nazionale, analizzando il successivo censimento del 1921 i residenti in Italia sono 38,449 milioni. Le donne sono il 50,3 per cento. È il primo censimento che certifica il sorpasso della popolazione femminile su quella maschile, che resterà costante, novità dovuta in buona parte alla falcidia operata dalla prima guerra mondiale.

La ricostruzione anno per anno della popolazione residente, curata dall’Istat, data il sorpasso al 1917: all’inizio del 1918, infatti, i maschi risultano 18,906 milioni, le femmine 18,938. La fascia più numerosa è comunque rappresentata dagli aventi età inferiore ai 14 anni: la guerra si sa, provocava tanti lutti, ma anche tante nascite. Quella che segue è la trascrizione dei ricordi legati ad alcuni di quei poveri disgraziati, gente strappata a forza del focolare domestico, dal lavoro nei campi e nei boschi. Una realtà che parificò nella disperazione ogni ceto sociale domiciliato in frazioni e contrade degli otto Comuni montani.

La testimonianza ci viene da Maria Natalina Frigo da Treschè Cesuna, anche nota come “Marieta Tomasona”, classe 1920, oggi vedova e domiciliata in via Achille Papa. “Sono nata in una baracca di legno e rete metallica, costruita con pochi mezzi, tra cui le travi in legno trovate nella nostra casa distrutta e le lamiere prese vicino alle trincee. Mamma e papà furono profughi a Dueville, in via Santa Anna”. La Maria Tomasona ai tempi nostrivia è tutt’ora presente presso il paese, si tratta una lunga carreggiabile fiancheggiata da campi e coltivazioni che interseca con sottopassaggio l’autostrada Val d’Astico.

Tutta la famiglia fu ospitata da parenti contadini, Magnabosco di cognome come mia mamma. Mi raccontavano che per pranzo e cena avevano quasi sempre pane, latte e polenta. La verdura coltivata nei campi non mancava, ma la carne era un lusso per i giorni di festa, ma festa non si faceva mai.

Papà Piero faceva il contadino e la mamma passava ore agitando un grosso buttiglione per trasformare il latte in burro, senza uscire mai di casa. Lei aveva altri 10 fratelli, quasi tutti accasati a Dueville. Le privazioni non mancavano; papà aveva un bel gregge prima della guerra, era pastore come il nonno, ma tutte le pecore furono svendute ad un commerciante di pianura, non sarebbe stato possibile sfamare tutti quegli animali data la mancanza di pascoli di proprietà.

Il cavallo invece si rivelò molto utile, tanto per poter trainare il carretto giù per il Costo, che per qualche trasporto a nolo. Al momento della fuga la nostra casa era bella e solida, ma al ritorno nel ’19 restava poco niente, tutto distrutto dai tedeschi. In pochi giorni venne messa in piedi una baracca, che ancora oggi usiamo per accatastare la legna e come rimessa per attrezzi. Si trattava di una stanza piccola e molto umida, scaldata da una stufetta recuperata chissà dove. I miei genitori non parlavano volentieri del periodo passato in pianura, e papà diceva spesso che per farghela ai campagnoli era una fadìga bestia, perché laggiù erano furbi e malfidenti”. Natalina dei Tomasoni, nonostante i 90 e più anni ha ancora buona memoria degli anni successivi al conflitto; rigira tra le mani le foto dei genitori e quella dei due fratelli morti anni fa.

Sul montante del camino, nella calda cucina, conserva due bossoli di ottone ben lucidati, ricordo di mamma Carla che glieli passò col resto della dote al momento del matrimonio con Angelo. Unica immagine del profugato conservata è quella di una zia materna, ritratta col marito e la cuginetta di pochi mesi, nata durante la guerra, lontano da Treschè Cesuna.

G. Dalle Fusine

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