Dopo aver arrestato l’avanzata degli imperi centrali, con le truppe di questi ultimi ormai esauste e sulla difensiva (dopo la lunga marcia seguita allo sfondamento del fronte a Caporetto), tutto sembrava pronto per un attacco volto a riconquistare i territori occupati e a spezzare, definitivamente, le linee austro-tedesche, debilitate dalle paurose perdite subite nelle battaglia del Piave ed analogamente in difficolta’ anche sul fronte occidentale.
La mappa della battaglia
Anche a causa dalla difficile situazione militare, si inasprirono i contrasti multietnici dell’esercito asburgico (formato da austriaci, ungheresi, croati, boemi, sloveni polacchi e bosniaci), provocando il progressivo sfaldamento dello stesso. I comandi alleati, fin dal trionfo della resistenza sul Piave, continuarono ad incentivare, con il contributo di uomini e mezzi, lo stato maggiore italiano a prendere l’iniziativa contro l’agonizzante nemico, finchè, dopo vari ritardi, volti ad assicurare l’adeguata preparazione delle sue truppe, il Generale Diaz, tra il 24 e il 27 ottobre, ad un anno esatto dalla disfatta di Caporetto decise di lanciare la controffensiva finale: al termine di due giorni di aspri combattimenti, resi difficili dalle continue piogge, che avevano contribuito ad ingrossare le acque del Piave, i soldati italiani, dopo un primo momento di difficoltà, furono in grado di attraversare il fiume e di avere la meglio sulla vigorosa resistenza nemica.
Il massiccio attacco in forze condusse l’esercito italiano fino a Vittorio Veneto, ove conquistò la vittoria decisiva, travolgendo e tagliando in due le armate di un impero che di fatto aveva già cessato di esistere come entità politica.
Trento e Trieste vennero liberate e, ad un’Austria-Ungheria, ormai in piena dissoluzione, non restò altro che chiedere l’armistizio, firmato, il 4 novembre, a Villa Giusti, presso Padova.
Disse il generale Badoglio, a proposito dell’accordo appena siglato: "Per l’Italia è la fine della guerra, per l’Austria è la fine di un grande impero". Il comandante Diaz fu in grado, quindi, di dare lettura del bollettino della vittoria, che pose fine ad una guerra costata, al nostro paese, ben 700.000 vittime, immolatesi per il definitivo annientamento dell’aquila asburgica, che non sopravvisse al corso degli eventi e dalle cui ceneri si originarono le repubbliche indipendenti di Austria, Cecoslovacchia e Ungheria.
La mappa della battaglia